ARCHEO - Il Paisa del Caquetà ... Lingue e Numeri

Le lingue precolombiane
 in Colombia





Le brume della sabana
Per chi abita nei grandi centri urbani  o nelle megalopoli di qualsiasi parte del mondo e vive immerso nel sistema di vita “occidentale” risulta molto difficile pensare che in questo stesso pianeta, a volte a poche centinaia di chilometri di distanza, esistano ancora degli uomini che tentano di resistere all’assalto di un sistema di vita estraneo e in contrasto con la propria cultura. Un sistema basato sul consumo delle risorse della natura e che si sta insinuando nella mente di tutti i popoli,  minando e trasformando tutte le culture in un ibrido che sotto il bombardamento mediatico, presto dovranno allentare tutti i loro legami col passato ed accettare di assoggettarsi al “sistema dominante”.

Questa situazione, che abbiamo vissuto in Europa con la quasi totale scomparsa delle minoranze etniche, che comunque sono-erano evoluzioni millenarie di una base culturale comune, è ancora in divenire in Sud America, nelle megalopoli, dove gli indigeni ci sono ancora e provengono da centinaia di tribù diverse. Anche se i “puri indigeni” ormai sono molto pochi. Qui la classe benestante è formata per lo più da discendenti delle antiche famiglie europee, mentre la stragrande maggioranza della popolazione è composta dai discendenti delle prime unioni miste tra europei ed indigeni. I meticci sono ormai inseriti nel sistema di vita occidentale e quando qualcuno diventa benestante - e vuol sentirsi veramente accettato dal sistema -  non è raro che cominci anche lui ad usare il termine  “indio” per definire chiunque dica una scemenza o comunque qualcosa di “diverso”.
Ma gli indios esistono ancora e non solo quelli chiusi nelle riserve delimitate dai governi o quei pochissimi che abitano le foreste equatoriali. Esistono anche quelli che ormai da anni risiedono nelle grandi città, che hanno trovato o cercano un lavoro “normale”, e che lentamente, come tutti gli emigranti, stanno perdendo le loro radici, la loro lingua, la loro medicina, la loro religione, i loro miti: tutto il patrimonio delle antiche tradizioni famigliari.
A differenza degli emigranti le cui tradizioni possono essere tutelate, tornando o ripensando al loro paese di origine, per gli indios che abbandonano i loro clan - spesso piccole comunità composte da poche famiglie - tutta la loro cultura, tramandata solo oralmente, raccontata dalla voce dei vecchi, rischia di essere dimenticata e di scomparire in una o due generazioni.

Indios!
Molte lingue si sono estinte solo perché erano parlate da poche persone che non riuscivano più a parlare con nessuno, non potevano frequentare gli ultimi superstiti della stessa comunità che, benché esistesse ancora, aveva dovuto adattarsi, per convenienza, ad usare una lingua straniera ma più comoda per essere integrati, più rapidamente, nella nuova società di appartenenza, per non essere discriminati come “stupidi indios”.
Victoria regis
I popoli che si stanziarono e popolarono le terre del centro America vivevano in mezzo ad una natura vergine,  potente e rigogliosa ma allo stesso tempo insidiosa. Una terra ricca di cordigliere, di fiumi, di zone desertiche, di foreste e coste frastagliate : una natura magnifica, ma capace di dominare l’uomo mantenendolo in uno stato di costante paura. Paura del terremoto, della siccità, della carestia, di un Dio adirato o di un popolo invasore che arriverà sempre da un’altra terra, abbandonata, forse solo per non soccombere alla violenza della natura ostile.
L'Uomo-Giaguaro
Basta dare uno sguardo alla carta geografica per intendere perché la regione a sud della stretta striscia di terra che collega i due sub-continenti americani sia sempre stata luogo di transito e di insediamento per tante popolazioni di lingue e tradizioni molto differenti tra loro. I flussi migratori dei popoli che si spostavano dal Nord verso il Sud America, e dei popoli del Sud America che si muovevano verso il Centro ed il Nord America hanno sempre dovuto attraversare quello che oggi è il territorio Colombiano.
In quei luoghi per millenni si incontrarono, si svilupparono, si fusero e si frammentarono tanti popoli e tante lingue. Molte delle antiche lingue si sono ormai estinte ma molte sono ancora oggi parlate in piccole comunità che vivono nelle terre  della foresta amazzonica, nelle savane dell’Orinoco, sulle Ande, o lungo la costa del Pacifico, ai piedi della Sierra Nevada di Santa Marta, tra le sabbie del deserto della Guajira.  
Le comunità Indigene 
I popoli che arrivavano in questa regione cercavano di stanziarsi in zone geografiche ben definite e protette da barriere naturali, da fiumi,  foreste, deserti o da passi andini, fu per questo che molte piccole comunità restavano isolate nei loro territori per generazioni,  con pochi contatti con l'esterno, limitato a qualche famigliare che si sposava e andava a vivere  presso altre tribù, oppure per obbedire agli ordini di un Cacicco, per concludere patti o per far guerra con un popolo vicino. 
Ogni volta che questi contatti avvenivano, per esprimersi e comprendersi, veniva spontaneo mischiare elementi delle due lingue, così nasceva un nuovo dialetto che veniva parlato da una nuova comunità linguistica, più ampia anche se sempre molto ristretta.
Per  questo processo,  conseguenza dell'isolamento delle tribù,  per le difficoltà di spostamento e per paura dell’estraneo,  si sviluppò una grande varietà linguistica.
All’arrivo dei Conquistadores  tutta questa varietà linguistica alimentò grosse  difficoltà di comunicazione perché anche se gli spagnoli potevano contare sull’aiuto di qualche interprete indigeno che parlava più di una lingua, bastava spostarsi di poche leghe per incontrare altri indigeni che parlavano lingue differenti e incomprensibili per dei rozzi marinai ignoranti, anche se tra le lingue indigene  esistono, ed esistevano, anche allora molti nessi e termini comuni.


Il paisa del Caquetá ....

Gli indios Witoto che vivono lungo il corso del Rio Igara-Paraná e del suo  affluente  Rio Putumayo , ancora oggi cercano di spiegare che  “il paisa del Caquetà parla "in modo diverso, ma uguale" rispetto al paisa del Putumayo”,  proprio come scrivevano cinque secoli fa gli osservatori al seguito di Jiménez de Quesada che usavano come interpreti degli indios della costa, reclutati a Santa Marta e li portavano nelle terre degli altipiani, dove oggi sorge Bogotà - per cercare di usare, con scarsi risultati però - la loro conoscenza per comunicare con i Muisca - Chibcha. 

La maggior parte dei popoli indigeni, come dicevamo, sono ormai inseriti - con tutti gli svantaggi e qualche comodità - nel modo di vivere occidentale, ma nella zona amazzonica della Colombia ancora vivono 14 o 15 gruppi "incontaminati", gente che per cinque secoli è fuggita ed è riuscita ad evitare contatti con un mondo che - anche involontariamente - potrebbe solo distruggerli. Qui di seguito ho inserito il LINK per un breve video "Quello che i popoli dell'Amazzonia conoscono e che noi non sappiamo", dove non si parla di lingue ma del patrimonio, formato dalle conoscenze e dal modo di vivere la vita ed il tempo che, ogni popolo che scompare come identità, porta con sé, senza che noi "stranieri" nemmeno sappiamo di aver perso, come umanità.
Per capire come, in una parte così piccola dell’America Meridionale, si siano sviluppate più di cento lingue differenti, partiamo dalla considerazione che il linguaggio è solo uno strumento simbolico, creato e usato dall’uomo in base all’ambiente in cui vive,  per comunicare. Quindi essendo solo uno strumento non può avere una mutazione autonoma, non può avere una vita propria, non può nascere né morire da solo.



La sua evoluzione ed il suo utilizzo deriva sempre dalle necessità di chi usa un certo linguaggio e dai suoi “comportamenti personali”.









Cambiando le abitudini ed i comportamenti del popolo che usa/parla una certa lingua, si inventano nuovi modi per fare le cose, quindi la lingua per poter esprimere dei nuovi concetti – che prima non esistevano - deve assorbire nuove informazioni e creare nuovi termini che si dovranno integrare nella "tradizione linguistica" già esistente.

In questo modo  la comunicazione si arricchirà di vocaboli e  modi di dire - nuovi o modificati - e questi neologismi per convenzione saranno accettati da tutti. Lo stesso processo, in senso contrario,  avviene per parole o modi di dire se, ciò che esprimono, non è più attuale – non serve più – quindi diventano prima termini desueti e col tempo vengono dimenticati.

Questa breve considerazione,  a carattere generale, trova conferma proprio in regioni con tanti micro-sistemi sociali che in tanti secoli hanno subito continui assestamenti tanto da dar vita ad oltre cento lingue indigene, di cui almeno sessantacinque sono oggi ancora parlate, benché si stimi che trentacinque siano ormai a rischio di estinzione.

Semplificando al massimo, possiamo dire che - come abbiamo già scritto -  piccoli gruppi etnici  vivevano in villaggi composti da una o più famiglie che seguivano le loro tradizioni, tramandandole di generazione in generazione, finché una guerra o un matrimonio tra giovani appartenenti a tribù differenti dava luogo a nuovi aggiustamenti, connessioni culturali e a inevitabili cambiamenti sociali, comportamentali e linguistici.


Le Tradizioni  cambiano  

A volte questi cambiamenti provocavano la nascita di un nuovo gruppo (dominante?) che adeguando e cambiando le regole delle tribù, dava un impulso che poteva anche trasformare certe tradizioni che – con il nuovo corso - dovevano trasmettere qualcosa di lievemente diverso, rispetto  a quanto si era tramandato fino a quel momento. In questi casi erano presenti tutti gli elementi perché avesse origine una nuova lingua di sintesi tra quelle precedenti.


Carnevale di Barranquilla
Quindi due tradizioni differenti possono interagire, sovrapporsi, fondersi una nell'altra e far nascere un sistema comunicativo misto, comunque nuovo. Oppure una civiltà o una  lingua possono dividersi in tante civiltà o tante lingue da loro derivate, perché  sono cambiate le condizioni sociali  ambientali di chi le aveva utilizzate fino a quel momento.

Questo perché le regole e le tradizioni che queste lingue esprimevano, tenendole in vita  e facendole evolvere diventano più deboli o si dimenticano, nessuno le rispetta più : in pratica non servono più, perché non più funzionali.

Ho letto - ma non ho elementi per poterlo documentare personalmente - che comparando tra loro parecchie lingue parlate nell’odierna  Colombia (vedi le lingue della famiglia Bora dell’Amazzonia o quelle della famiglia Arawak della costa caraibica)  spesso queste sono intellegibili tra loro. Sono lingue che hanno mantenuto la loro base originale pur modificandosi e fondendosi, ogni volta in un modo differente, con lingue di altre tribù o altre famiglie linguistiche di cui hanno assunto progressivamente parte delle caratteristiche, avvicinandosi così per intelligibilità ad un altro gruppo linguistico e allontanandosi, e contemporaneamente perdendo parte dell’intelligibilità, dalle lingue originarie.

Questa moltitudine di lingue si sviluppò in uno spazio geografico, relativamente piccolo, perché il concetto di distanza è variabile di zona in zona e può essere determinato dalle difficoltà di spostamento da un luogo all’altro per ostacoli naturali , climatici  o per altri impedimenti – come camminamenti a piedi, o passi di montagna per andare da un posto all’altro, portando sulle spalle un carico, spesso tra villaggi fuori dalle strade principali di collegamento.

Le montagne delle tre cordigliere andine colombiane costituiscono, e costituivano maggiormente nel passato, delle vere frontiere naturali non solo per la loro altezza ma anche per la vicinanza all’equatore, tanto che,  quando si discende dall’altopiano,  a tremila metri, per raggiungere un villaggio che si trova sotto - a solo mille metri di altezza – si usa dire che si va nelle “tierras calientes”. In pochi chilometri si passa  dal clima temperato o freddo delle montagne al clima tropicale, si lasciano montagne, boschi o steppe e si trova una vegetazione lussureggiante , laghi e fiumi della foresta amazzonica.

Le case, le abitudini, il vestiario, il cibo, il carattere di genti che vivevano in ecosistemi tanto differenti non potevano non essere profondamente differenti, creando quindi un ulteriore elemento di distanza, di chiusura verso l’esterno : La paura dell’ignoto che ha mantenuto in isolamento per secoli tante tribù composte da pochi villaggi in una stessa valle, dallo stesso versante della stessa montagna.  
Quando i primi conquistatori spagnoli arrivarono in America con i loro carri, le loro armature, le loro pistole ed i loro enormi cavalli ebbero subito una percezione diversa delle distanze rispetto a quella che avevano sempre avuto gli indigeni che, per millenni, si erano sempre spostati molto più lentamente, a piedi e solo per distanze molto brevi.

Proprio il potersi spostare velocemente con carri e cavalli da un luogo all’altro permise agli spagnoli di passare con estrema rapidità da un popolo all’altro, da una lingua all’altra, da una battaglia ad un’altra, da un popolo pacifico ad uno feroce, appena cambiava il paesaggio che attraversavano.


Una Lingua Madre?

Che gli spagnoli avessero grosse difficoltà a comunicare con gli indigeni, per il problema linguistico, risulta già dai primi resoconti inviati in Spagna, nei quali si usa questa motivazione anche per giustificare ignoranza, incapacità e ritardi delle truppe oltre che per nascondere i tanti insuccessi delle imprese e delle conquiste.  Già nel  XVI e XVII  secolo i primi studiosi - normalmente padri missionari al seguito delle spedizioni – cominciò  lo studio delle lingue dei nativi,  per tentare di dare un ordine alle tante lingue e ricondurle ad una classificazione  per area di diffusione delle lingue più parlate  o per trovare una "lingua madre”.


Victoria Regis
In Sud America esistono documenti scritti in varie lingue estinte e di queste lingue ci sono pervenute le nozioni fondamentali. Furono i Gesuiti a studiarle, anche se con l’unico scopo di evangelizzare i popoli indigeni e per diffondere la religione cristiana. Infatti si prodigarono a tradurre alcuni passi della Bibbia in varie lingue indigene, dando così una forma scritta e caratteri latini a lingue che avevano, fino a quel  momento, avuto solo una tradizione orale.

Oggi in Colombia, oltre allo spagnolo nelle sue diverse varianti regionali, almeno 400.000 persone ancora parlano una sessantina di antiche lingue indigene, distribuite in ben 22 su 32 dipartimenti colombiani. Poi ci sono anche 3.000 persone, di discendenza africana, che parlano due lingue creole che, però, nulla hanno in comune con quelle precolombiane.

Come ho già detto precedentemente, il mio interesse per le lingue precolombiana non è supportato da un adeguato studio sul campo ma, solo, da modeste ricerche effettuate su testi e siti Internet da cui ho tratto le informazioni a cui sto cercando di dare una forma di facile accesso, anche se la materia tratta di lingue, per la maggior parte estinte, e per quanto riguarda il sud America, eccetto che per pochi argomenti, per più più relativi a conteggi e inventari, trasmesse solo verbalmente. La scarsa documentazione disponibile, quindi permette di dare libero sfogo alla fantasia e di trovare nessi e collegamenti fonetici o linguistici che, in qualsiasi momento, possono essere messi in dubbio, contestati, contraddetti.

Prendendo come riferimento le classificazioni fatte da Joseph H. Greenberg e da Chestmir Loukotka, condivise anche dalla Biblioteca Luis Ángel Arango - Museos y colecciones del Banco de la República,  dal Portal de lenguas de Colombia e da Promotora Española de Lingüística possiamo dire che ci sia un'unità di fondo in tutte le lingue parlate dagli indigeni americani tanto da farle ascenderle tutte ad un unico ceppo, denominato "amerindio".

Pur tenendo conto che i flussi migratori provenienti dall’Asia avvennero in ondate successive e che l’individuazione di caratteri comuni è quantomeno controversa. Le uniche lingue precolombiane  che non apparterrebbero alle lingue amerindie  sono  quelle del gruppo Na-dene/ Athabaskan  (una trentina diffuse tra Alaska, Canada /con l’ Inuit o Inuktitut  e  negli Stati Uniti centromeridionali  con il Navajo e l’Apache.

L'Amerindio è una parola inventata per indicare il linguaggio da cui dovrebbe aver preso origine tutta una serie di gruppi linguistici parlati prima dell'arrivo degli europei e che, nel corso di secoli, si è suddiviso in tanti rami :


1.            Macro-Ge                 
2.     Macro-caribe                                                (**)
3.     Macro gruppo Andino-Equatoriale            (**)
4.     Macro-Tucano                                              (**)
5.     Chibcha-Paez                                               (**)
6.     Amerindio Centrale
7.     Hoka
8.     Penutian
9.     Almosan-keresiouan 
                                                    




***
Lingue, popoli indigeni e Colombia 

Qui di seguito riportiamo esclusivamente le lingue indigene attualmente parlate in Colombia  - quelle indicate con (**)  nei Macro-gruppi linguistici elencati sopra -  e accanto il numero   approssimativo delle persone che le parlano ancora nelle zone in cui vivono. 
***

Macro-Caribe 

Le lingue di questo gruppo sono parlate essenzialmente lungo la costa caribica e pacifica e non si devono confondere con quelle parlate nelle isole caraibiche che invece appartengono al ceppo linguistico arawak.



Lingue 
Popolaz.
Ubicazione


1


40.000


Embera : Baudò /Catio /Chami /Tado  
Costa del Pacifico colombiano+ Panama e Ecuador    

2

3.000

Confine Colombia - Venezuela, Fam. Caribe

3
290
Dep. Amazonas 

4
650
Amazonia peruana y colombiana

5
Dep. Amazonas, simile alla lingua bora

6
500
Dep. Amazonas 

7
6300
Dep. Caquetà - Ecuador
8

16.000       
Dep. Di Loreto  -- frontiera Brasile/Colombia


Gruppo Equadoriale

Fa parte del  macro-gruppo Andino-Equadoriale e comprende la maggioranza delle lingue parlate dal Centro America fino alla Tierra del Fuego, da circa 15 milioni di persone. Cominciamo con l’elenco delle lingue equatoriali, che appartengono alle famiglie arawuak, tupì e saliba


9
    
 40.000
(Fam. Arawak)       -- Guajira & Venezuela, qui un LINK prezioso per dettagli su questa cultura




10




25.000



(Fam Macro Arawak)  -- Casanare, Meta, Vichada, Guaviare e Guanía, Venezuela. 



11



1.000



Meta y Guaviare


12

650

(Fam. Macro-Arawak) Casanare e Venezuela. 

13
500

14
700
( Fam. Tupì) dep. de Amazonas, Isla de Ronda

15

800

Amazonas : Rio Mirití-Paraná, affl. del río Caquetá.

16
  
4.500

(Fam. Arawak) Río Meta, Río Vaupés 

17

100

(Fam. Arawak)  Llanos orientales, Casanare, 

18
800

Llanos Orientales & Venezuela 

19
5.000
Dep. de Arauca e maggioranza in Venezuela

Gruppo Andino

La parte andina  del  macro-gruppo Andino-Equadoriale  include la famiglia  quechua del tronco andino-equadoriale  che si è diffusa originalmente dalla regione di Apurímac-Ayacucho, nell’attuale Perú.


Lingue
Popolaz.
Ubicazione

20

17.000

Dep. di Nariño  -- Lingua Quechua peruana 


Gruppo Macro-Tucano

La lingua ticuna viene parlata sulle rive occidentali del  Rio delle Amazzoni lungo il suo percorso in Colombia, nella zona denominata "trapezio amazzonico"

Lingue
Popolaz.
Ubicazione

21
Macú- Puinave
775
Dep. Guainia

22

100

Fam. Makú-Puinave  - Dep.  Vaupés

23

380

Fam. Makú-Puinave - Dep. Guaviare y Guainía

24

300

Fam. Makú-Puinave - Dep. Guaviare

25

235

Amazonas

26

130

Amazonas 

27

2.000

Dep. Vaupes 

28

2. 100

Dep. Caquetà

29

280

Dep. Vaupes

30

20

Dep. Vaupes

31

300

Dep. Vaupes

32

600

Dep. Vaupes 

33

25

Dep. Vaupés ( riserva indigena ) e Amazonas 

34

100

Sud Dep. Vaupés.

35

330

Dep. Amazonas 

36

410

Dep. Vaupés

37

280

Dep. Vaupés

38

610

Vaupes -  Confine Colombia/Brasile

39

200

Rio Puré - Dep. Amazonas ( estinta?)



40

2.140

Dep. Amazonas -  confine Perù-Brasile Colombia

41

95

Dep. Amazonas


42

600

Dep. Amazonas  -- confine Perù-Brasile Colombia


43

700

Dep. Amazonas -- confine Perù-Brasile Colombia

44
477
Dep. Amazonas - confine Perù-Brasile 



Gruppo Chibcha-Paez

Pur avendo una origine comune, il ceppo  linguistico è diviso in due sub-tronchi , la famiglia Chibcha e la famiglia Paez.



Fam. Chibcha
Popolaz.
Ubicazione

45

14.000
Penis.  Guajira - Santa Marta

46

10.000

Sierra Nevada  de S. Marta


47

1.850

Dep. del Cesar, Municipio de Valledupar, La Guajira

48

 1.170

Dep. Antioquia - Darien - Choco


49

7.000

Dep. Boyaca - Norte de Santander - Arauca - Casanare

50

900

Dep. de   Magdalena e di Fundación.


51

3.500

Norte de Santander  -lungo i fiumi Oro e Catatumbo.

52

5.000

Dep.  colombiano de Guainía/Amazonas




Fam. Paez- Naza
Popolaz.
Ubicazione

53

40.000

Dep. Cauca, Huila

54

21.000

Dep. Cauca,  -  sottolingua del Barbacoa

55

13.000

Dep. Nariño   - sottolingua del Barbacoa

56

n.q.

Dep. Cauca


Lingue Isolate

In Colombia si parlano anche alcune lingue che non sono state inserite in nessuno dei macro-gruppi e quindi fanno ceppo a sé stante.


Fam.Linguistiche
Popolaz.
Ubicazione

1

500

Amazonas (corso del río Caquetá)

2

4.000

Valle di Sibundoy, nel Dipartimento di Putumayo

3

1300

Putumayo - confine Colombia/ Ecuador

4

5.200

Amazonas confine Perù-Brasile Colombia

5

2 (!!)

Dep. Meta




Ecco un link che riporta alcuni brani in varie lingue indigene tradotti in spagnolo.



Considerazioni finali


Spero che non  sia sfuggita nessuna lingua da questo freddo riepilogo estratto dagli elenchi  dei  tanti gruppi linguistici  che hanno da sempre parlato le genti della terra che oggi si chiama Colombia. 
Ho usato l'aggettivo "freddo" per definire questo elenco di nomi e credo di aver espresso con poca efficacia il sentimento - forse meglio dire la rabbia - provato nel riempire queste caselle. 

Infatti quando si porta a buon fine un lavoro, particolarmente uno di quelli che richiedono tempo, applicazione e molto interesse, in genere si raggiunge un risultato di cui si è piuttosto soddisfatti. In questo caso, purtroppo, man mano che andavo avanti e controllavo i dati che avevo raccolto, mi prendeva una specie di sconforto, ogni volta che trovavo che un popolo o una lingua, dal nome intrigante, se non  musicale, per il solo suono della parola stessa, ormai era scomparso o, nei casi migliori,  a forte rischio di estinzione.  
Così molte delle caselle sono rimaste vuote e idiomi come Carìjona,  Muysca, Betoye, Carare, Tariana,  Macaguaje ,  Sinù presto resteranno solo ricordo e testimonianza di una storia ormai finita. 

Tanti di quei nomi, di quei suoni esotici, che ci fecero sognare un mondo più irreale che remoto, che ci fecero conoscere civiltà e colori che evocavano un passato che è ancora vivo nell'uomo di oggi, nelle storie che si raccontano ai bambini per lasciar volar la fantasia in una realtà di fortunati abitanti della parte giusta del mondo.

Ma nemmeno i ricordi e le fantasie di un mondo immaginario possono nasconderci il quadro veramente drammatico che esprimono queste poche tavole. Restiamo nell'ambito colombiano e continuiamo a ragionare "in piccolo", per il momento, e  dimentichiamo che i cambiamenti che sta vivendo l’uomo - e che ha già vissuto - in Colombia, sia solo un tassello di quanto sta succedendo  in ogni angolo del pianeta.

In effetti la mia ricerca era partita da un presupposto molto differente dal risultato conseguito, sapevo che in Colombia si parlavano ancora un centinaio di lingue indigene e  mi sono trovato a stimare che forse sono poco più della metà, per il semplice motivo che basta un piccolissimo cambiamento ambientale, sociale o climatico perché anche queste ultime lingue si estinguano completamente.
Ogni volta che una lingua muore - sia perché non ci sia più chi la conosca, sia per una scelta di convenienza -  con le sue parole e le sue forme si perde anche una variante per esprimere un pensiero o un sentimento, si perde la possibilità di rendere nella sua completezza, l'essenza del modo di essere e di pensare del popolo che le ha generate. 


Da parecchi anni mi dedico alla traduzione di testi scritti in lingue occidentali che, benché differenti l'una dall'altra, hanno tutte una base comune cioè una costruzione della frase - e quindi del pensiero - molto simile tra loro, quindi spesso è facile riuscire ad esprimere esattamente in un'altra lingua - sia nella forma che nella sostanza  - il testo originale, come è stato pensato.

Ma anche qui in ogni lingua troviamo delle espressioni idiomatiche, molto calzanti in certe circostanze, che non hanno un esatto corrispettivo per indicare certe azioni o certi sentimenti che, una volta espressi in una lingua differente, presentano sfumature in più o in meno rispetto al pensiero originario dell'autore. Senza entrare in discorsi lunghi e noiosi pensiamo solo alla complessità e alla bellezza del significato intraducibile della parola "saudade".

Ma ora torniamo al mondo di oggi, torniamo al nostro modo di comunicare, ai vari sistemi di traduzione che offre Internet e al modo di relazionarci con il prossimo: tutto sembra estremamente più facile, ma usiamo un linguaggio composto da un migliaio di parole e da tanti simboli che vorrebbero esprimere visivamente certe sensazioni. 

Il fatto è che più ci abituiamo a semplificare il modo di esprimere i nostri pensieri e più perderemo la capacità, l'abilità di spiegare completamente il nostro pensiero agli altri. E con il tempo la nostra pigrizia ci porterà a “pensare in modo più funzionale per adeguarci alle modalità di espressione disponibili”. 

La "vita facile" quella che ci raccontano tutti i giorni i media mainstream, ci sta portando ad un livellamento verso il basso sia dal punto di vista sociale che culturale e per sentirsi integrati in un sistema ineludibile dobbiamo usare computer e Internet e per farlo dobbiamo adeguarci ad un unico linguaggio. Non farlo significa essere una persona che si sta volontariamente escludendo dalla comunità, una persona obsoleta, un nuovo analfabeta. La strada quindi sembra ben tracciata e le generazioni future si avvieranno tutte verso un modo di esprimersi sempre più simile, sempre più funzionale al sistema informatico, più consono, più veloce e più pratico in modo da scambiare dati e informazioni con quanta più gente sia possibile.


Il progresso?

Come può chiunque pensare di ostacolare un progresso che, particolarmente negli ultimi 100 anni ha permesso all'uomo di morire molto meno e di prolungare smisuratamente la durata media della vita? Quindi nessuna critica.
Frutta di Colombia :  1. Carambola - 2. Mamoncillo -
3. Uchuva - 4. Curuba - 5. Granadilla - 6. Lulo - 7. Mangostino

Qualche osservazione però credo che sia quantomeno doverosa, almeno per rispetto di tutte quelle minoranze che, per effetto di una prevaricante globalizzazione, stanno perdendo le proprie caratteristiche, il proprio passato, per assumerne delle altre, quelle con cui potranno a pieno titolo, entrare nel mondo della "vita facile", anche se forse questa nuova vita sarà meno colorata.

E, proprio del colore, vorrei parlare.  Vorrei parlare del colore che non si può raccontare con i mezzi che mettono a disposizione le mega-lingue universali, che permettono però di comunicare – in modo poco sofisticato - con una quantità smisurata di persone anche se con un qualche disagio per il momento, visto che provengono ancora da realtà e da culture estremamente differenti tra di loro. Non sarà più così tra poche generazioni.

Vorrei parlare di un colore invece che ha sempre contraddistinto dialetti e lingue per la vivacità del loro modo di esprimersi, per la capacità di rendere immediatamente l'immagine di certe azioni peculiari al modo di vivere e che sanno - o hanno saputo - esprimere dei concetti che svelano, in modo diretto, il pensiero e la spiritualità del popolo stesso. 

          
Tutte le sfumature dei colori dell'Alba
Stessa Alba e colori senza sfumature

Ma non solo di colore dobbiamo parlare, perché qualsiasi parlata che sia giunta al livello di essere considerata lingua ha alle sue spalle un lungo passato di esperienze accumulate in generazioni e generazioni di persone che, poco a poco, hanno lasciato in questa lingua qualcosa di sé. 


*** 

Una breve animazione tratta dal poema  “Cuando Muere una Lengua”   
di Miguel León Portilla. 
La narrazione è in lingua: Náhuatl, una lingua Uto-aztecas  parlata  dai  Nahuas della regione Huasteca, nel Nord-Est dello stado di Hidalgo (México).



                                       *** 

Ogni lingua si è evoluta come emanazione di una essenza - più o meno conosciuta - dello stesso popolo, è riuscita a trasmettere il modo di vivere, il rapporto sociale, la relazione con la natura, con lo spirito e con il tempo. Una lingua particolarmente ricca e ampollosa nel modo di costruire frasi è il riflesso di un popolo che può avere una relazione con il tempo molto differente da quella che può aver avuto un popolo che si esprime con una lingua dura, sintetica, diretta.

Ma proprio questa diversità è quella che abbiamo già in buona parte perduto con le tante lingue che ormai troviamo indicati come "estinte". Senza voler rimpiangere il passato, come dicevamo prima, vorrei soffermarmi sul fatto che, giorno dopo giorno, stiamo perdendo le frange delle nostre culture, stiamo perdendo delle forme che hanno reso le espressioni dell'uomo di ogni tempo riconoscibili, tipiche per il modo di scoprire e raccontare certi particolari, certi "colori" che ogni uomo vede con sfumature differenti.


Provo a spiegare meglio quello che intendo: succede a volte che parlando in una lingua differente dalla nostra ci si senta più loquaci, più predisposti ad esprimere certi concetti che, nella nostra lingua madre, non avremmo espresso, non per incapacità di trovare le parole giuste ma semplicemente perché la nostra cultura di origine ed il nostro modo di esprimerla seguono un tracciato mentale differente che ci permette di relazionarci ed essere perfettamente compatibili con le altre persone della nostra stessa origine culturale linguistica.

Potremmo però facilmente rovesciare il ragionamento e notare che parlando in una lingua differente dalla nostra "lingua madre", ci sia capitato spesso di esprimere il nostro pensiero con parole che trasmettono un'idea molto simile a quella originale ma che - per scarsa conoscenza linguistica o per pigrizia – trascurano certi particolari perché le parole che usiamo e le costruzioni sintattiche possono non essere sufficienti a trasmettere in pieno un pensiero nato e sviluppatosi in un ambito sociale e ambientale differente da quello in cui vivono i nostri interlocutori.

Le Palma de Cera  domina una valle nebbiosa
Non vorrei allontanarmi troppo dall'argomento che stiamo trattando, dal fatto che non solo in Colombia, o nelle Americhe,  ogni giorno, il nostro modo di vivere occidentale sta invadendo e portandosi via un pezzetto delle nostre capacità di espressione, di quella abilità intellettuale che più o meno è comune a tutti gli esseri umani, ma che se non esercitata e se non copiata o emulata dalle generazioni future, immancabilmente comincia ad essere dimenticata, si cominciano a perdere le sue tracce. 
Diventa una lingua morta, se non morta per estinzione di chi la parla, morta di stenti perché utilizzata solo per quel tanto che basta a sopravvivere, mentre tutta la sua potenza e la sua ricchezza di vocaboli e di espressioni chi si sono formate con l'esperienza, con lo spirito, con le gioie e con le sofferenze di tante generazioni, sfioriscono e tutta la loro bellezza nascosta, diventa solo una ricchezza inutile, un tesoro accumulato lentamente  che si perde in un mare infinito.

*****

Quando ..... 

Nessuno contava le stelle


Finora ho parlato di una quantità di argomenti legati all'uomo, al suo spirito e alla sua cultura in un modo estremamente razionale, anzi molto pochi sono stati i momenti concessi alle emozioni o alle simpatie, ho appena accennato agli stermini, alle esecuzioni dirette o indirette avvenute nei confronti delle popolazioni indigene, dopo che avevano conosciuto l’uomo bianco che, inizialmente, era stato accolto come “Messia” come il Dio venuto dal mare, che molte tradizioni avevano profetizzato.

Ho usato un termine "esecuzioni" che credo sia appropriato per indicare non solo la crudeltà di chi fisicamente ha eliminato o ridotto in stato di servitù milioni di esseri incapaci di comprendere la "vera fede” ma principalmente per la feroce malafede di chi, per procurarsi un qualsiasi arricchimento, da secoli agisce per minare gli elementi naturali che con la loro armonia hanno alimentato, per millenni, gli uomini e le civiltà nate e cresciute su queste terre.
Elementi naturali che assunsero sembianze dei loro Dei, proprio per rafforzare il legame inscindibile che esiste tra gli esseri viventi ed il pianeta che li ospita.

Non serve usare neologismi come "ecologia o ecosistemi" per dare un nome a certi modi di vivere ma comunque certi termini possono aiutare a comprendere quanto profondamente fosse differente il modo di pensare di questi uomini e quanto fosse, per loro, impossibile dare un valore - in oro, in argento, in lavoro o in denaro – a certi beni naturali che non possono avere un valore, per il  solo fatto che devono essere considerati "tabù", inviolabili, indivisibili  perché essenziali alla sopravvivenza di tutti  e quindi non commerciabili.  La "vera fede" – non necessariamente quella religiosa, ma quella difesa ciecamente da tutti gli estremisti – è sempre stata motivo di incomunicabilità e di rigidità su posizioni troppo inamovibili, tanto da dividere e rendere inconciliabilmente nemici gli uomini.


Le stelle e la sabbia

La traduzione in spagnolo di un antico detto degli indios Chachi che parlavano un lingua Barbacoa, un gruppo etnico che vive nella parte sud est della Colombia, racconta come gli anziani e i saggi del villaggio insegnassero ai giovani che non devono contare le stelle:

“Si cuentas las estrellas entonces tu espirito         será obligado a contar  arena.”

Mi sembra una frase che esprime molto bene le regole delle culture di popolazioni che hanno sempre dato alla vita un valore molto legato alla terra, molto legato a concetti comprensibili e concreti e ad azioni realizzabili, mettendo in relazione la vita terrena con il mondo dello spirito:
"Nemmeno nelle notti più luminose dovrai dar prova  di saper contare quante sono le stelle in cielo, perché se lo farai, anche il tuo spirito, nell’aldilà, dovrà dare un’altra prova e dovrà dimostrare di  saper contare quanti sono tutti i granelli di sabbia".  Ma non sarà mai possibile contare tutti i granelli di sabbia, come non è possibile contare le stelle. Per questo, lo spirito di chi avrà contato le stelle nelle notti più luminose, dovrà vagare tormentato e senza pace, in eterno.


Non so se stiamo ancora parlando di numeri, forse in questo antico detto, le scienze, i numeri e la forza della mente si uniscono in un consiglio, in un invito fatto ai giovani di prendere coscienza dei propri limiti, delle capacità dell’uomo e della possibilità di saper rifiutare quelle sfide che, evidentemente, non potranno portare altro che angosce, inevitabili delusioni e insuccessi e tutte le frustrazioni che qualsiasi confitta porta con sé.  

***

Ma torniamo ai numeri e vediamo come funzionavano, in che modo e con quali sistemi gli indigeni del Sud-America esprimevano il concetto di quantità.  
Proviamo ad immedesimarci nel loro pensiero e cercare di comprendere come facevano a misurare degli insiemi di uomini o di cose e ad determinare il maggiori e il minore, oppure a stabilire quale tribù fosse la più potente, insomma a contare.  
                                         
Le lingue "indigene" hanno dato luogo a una gran diversità nei modi di esprimersi e nella evoluzione di tante culture e,  in misura minore, troviamo le stesse diversità anche nei sistemi numerici usati dai popoli vissuti in Sudamerica prima della contaminazione - e della sottomissione  - con una cultura basata su valori ed esperienze sociali completamente estranei.

Parliamo di altre epoche e di gente che viveva in piccole forme tribali molto semplici e senza un particolare interesse verso i grandi numeri, per il modo in cui viveva la sua propria vita quotidiana e per le necessità dello spirito che basava il pensiero su concetti terreni o naturali e sull' osservazione del sole e della luna.

Uno sguardo generale fa intendere l'esistenza di lingue che utilizzavano sistemi aritmetici  a base  2 -  a base 5 - a base 10  - a base 20,  e questo potrebbe dimostrare le diverse tappe di sviluppo di ogni cultura e dei contatti avvenuti tra etnie della regione.
In fondo in qualsiasi parte del mondo i bambini hanno sempre usato le dita per contare, quelle delle mani e se le cose da contare erano maggiori delle dita di una o due mani, usavano anche quelle dei piedi.
Poi sorgeva il problema di mettersi d’accordo su come calcolare quantità più grandi, più di 20.

Facendo riferimento ad uno studio (dell'Università del Texas) effettuato sulla comunità chachi, che vive nella parte nord dell'Ecuador, al confine con la Colombia, vediamo il modo di esprimere i numeri da parte di quei popoli che parlano lingue del gruppo “ Barbacoa”, una famiglia linguistica che diede origine a diversi idiomi : sureño, cha’palaa , tsafiki,  awa pit e guambiano. Le tabelle che seguono sono solo una minima parte della ricerca, quindi per saperne di più consiglio di consultare direttamente il sito http://lingweb.eva.mpg.de/numeral

Numeri base barbacoa

CHA’PALAA

TSAFIKI

AWA PIT

GUAMBIANO
1
main
man
maza
(man) kan
2
pallu
palu
pas
pa
3
pema
peman
kutña
pɨn
4
taapallu
junpalu
ampara
pip

Da questa semplice tavola possiamo vedere che nelle varie lingue dello stesso gruppo la radice dei termini che indicano 1 (ma) e 2 (pa) sono comuni, anche se nella lingua guambiana c’è stata una contrazione. Quindi le uniche parole-numeriche che effettivamente possono dimostrare una origine comune sono i termini “ 1 – 2”, dopo di che il sistema numerico barbacoa ha cominciato a diversificarsi nelle varie lingue.

Abbiamo provato a seguire i ragionamenti di chi ha cercato di determinare l'etimo dei numeri ed il loro uso nelle varie lingue, ma mi è sembrato di entrare in campi troppo complessi per essere interessanti a questo livello di studio e quindi credo che sia sufficiente cercare di soffermarci sui metodi di evoluzione mentale seguito dai sistemi di numerazione in questa parte di mondo, evitando di parlare di etimologia o di influenze linguistiche.  
Ricominciamo quindi dai più elementari sistemi di numerazione : quelli a base uno e due, un sistema che è il presupposto di qualsiasi società e del concetto  “NOI”,  che unifica in una sola parola due persone. A queste due persone si potevano aggiungere altri individui  ( le prime addizioni quindi potrebbero essere  state : 2 + 1+1+ …), e ogni gruppo etnico sviluppò un modo proprio per conteggiare queste altre persone, o altre cose.
Nello schema riportato qui sotto troviamo che, nello stesso gruppo linguistico, i numeri 3 e 4 vengono indicati con termini differenti,  quindi presumibilmente si è cominciato ad usarli in tempi storici successivi, dopo che la lingua madre si era già suddivisa.

Allargando un po' gli orizzonti vediamo che in varie zone, non solo al Nord delle Ande, vennero a crearsi dei sistemi numerici a livello più alto usando come base 10, indicando questo numero con dei termini la cui etimologia non è chiara, tanto che è differente in ognuna delle lingue maggiori ( es. quechua, mochica, paez, kamsá). 
Ma la maggioranza delle lingue indigene intorno alla zona equatoriale, da entrambi i lati delle Ande, sia verso l'Amazzonia che verso il Pacifico, usava un sistema numerico con base 5 e per indicare cinque utilizzavano la parola che significava, ovviamente, “mano”.
Sembra che alcune lingue  non ebbero mai dei termini che servivano a indicare numeri superiori al 5, forse nemmeno serviva per esprimere concetti legati più alla sopravvivenza e alla lotta per la vita contro gli elementi della natura che non a ragionamenti di altro genere.
Continuando le nostre considerazioni, restando nella casistica rilevata in questa zona, intorno ai confini dell'attuale Ecuador,  possiamo vedere che le lingue barbacoa usarono questa strategia per estendere il loro sistema numerico fino al 10 :
Al numero 5 ( una mano) aggiungevano la parola che indicava  i numeri minori (es : 1=ma // 2=pallu //3 =pem //4=taapallu).   Praticamente utilizzando lo stesso principio che troviamo nelle principali lingue europee  ( es. in italiano: Un-dici è la contrazione di Uno + Dieci …  ecc.).
Qui sotto riportiamo uno schema comparato tra lingue dello stesso gruppo  che conferma come, in alcune lingua,  la numerazione, combinando il termine “mano” con i numeri minori, sia arrivata alla base 10 e 20 e poi, progressivamente, a numeri maggiori.


CHA’PALAA
TSAFIKI
AWA PIT
GUAMBIANO
5
manda [1-mano]
mante [1-mano]
Numero massimo utilizzato

4
Numero massimo utilizzato

5
6
manchismallu [5-1]
sota [quichua]

7
manchispallu [5-2]
Spagn.
8
manchispema [5-3]
Spagn.
9
manchistaapallu [5-4]
Spagn.
10
paitya [2-mani]
chunka[ 2 quichua]
11
Paitya main [10-1]
Chunka man
12
Paitya pallu [10-2]
Chunka palu
13
Paitya  pema[10-3]


Paitya [10-….]

20
Mancha lura [ 1 persona]
Palu chunka[ 2 chunka]


Nota
30
Pen chunka
Dal quechua : pen=3 x chunka=10
40
Taapaichunka
Dal quechua : pen=4 x chunka=10
40/90
……..chunka
Dal quechua :  …..     x chunka=10
100
Mambatsa’
Dal quechua  : Patsak =100
200
Paipatsa’
Dal quechua  : pai Patsak = 2 x 100
300
Pembatsa’
Dal quechua  : pen Patsak = 3 x 100
1000
Mii
Dallo spagnolo

Riepilogando :

Inizialmente si sviluppò un sistema numerico con base 5, utilizzando come simbolo la parola “mano”  e alcune lingue si fermarono a questo concetto numerico.
La definizione del numero 10 è determinata dalla somma di due mani, che - lasciando volare la fantasia - fanno presumere una evoluzione mentale del tutto identica a quella delle culture europee (vedi l'esempio di Un-Dici, italiano, a cui ci siamo appena riferiti).
Purtroppo stiamo parlando di lingue che non hanno lasciato documentazione scritta diretta e i cui unici riferimenti storici sono costituiti da pochi reperti e pochi altri elementi che indicano le quantità di beni negli inventari, come cordicelle di differente lunghezza, nodi, ravvicinati o a distanze maggiori ecc.: i khipu, di cui parleremo in seguito.
Quindi possiamo anche immaginare che siano state concepite anche altre teorie e forme di pensiero di cui erano depositari i saggi del villaggio, gli anziani, gli stregoni, le persone di un livello culturale più elevato. Persone che avrebbero dovuto tramandare ai loro discendenti tutto  il proprio sapere, come eredità del popolo ma che, per un improvviso strappo culturale  - dovuto a cause naturali, come carestie, epidemie e terremoti o all’assoggettamento a popoli stranieri più evoluti o all'invasione degli europei -  sono andati perduti.

Possibile? Forse 

In certe lingue vengono assunti dei numeri origini di una altra lingua, in genere queste interferenze linguistiche sono l'effetto di ingerenze politiche o, per meglio dire, di conquiste da parte di popoli più potenti e spesso culturalmente più avanzati e portatori di conoscenze più sviluppate o, forse, solo più potenti per forza politica o militare. Così vediamo che alcuni concetti numerici che si riferiscono a valori superiori al cinque, al 10, al 20 sono attualmente espressi con parole che esprimono i numeri portati dagli spagnoli.

Niente di nuovo rispetto a quanto poteva essere successo in passato con invasioni della stessa violenza fisica e culturale, arrivati da lontano. Anche se il concetto di lontano diventa sempre più volatile e relativo al tempo a cui si riferisce.

Chissà se lingue scomparse, ma parlate da tribù più evolute di quelle di cui abbiamo traccia, avessero sviluppato dei sistemi con uno sviluppo differente dal sistema con base 5 e che percorso numerico avrebbe potuto seguire il loro pensiero.  

Per esempio la lingua “cha’palaa” nel suo sistema numerico esprime il numero 10 con la forma linguistica“paitya   =DUE-MANI”  ed esprime il numero 20 con la forma linguistica  “Mancha lura= UNA PERSONA”. Con questa strategia si arriva facilmente a  definire  
-  30 (=  UNA Persona + DUE Mani) 
 40 (= DUE persone)

In questo modo si è passati facilmente dal sistema numerico con base 5 e a quelli con base 20 e con  base 10. Mischiando così elaborazioni mentali indigene barbacoa con quelle dei quechua e quelle degli spagnoli  - che già si avvalevano di parole che indicavano quantità maggiori come cento, mille ecc. -  il sistema numerico diventa più elaborato, più capace a servire come strumento degli scambi commerciali.

Più funzionale e sofisticato , ma meno legato al passato.

Molto affascinante pensare a modi di pensare che partono dal semplice contare le dita di una mano, di due mani, dei piedi e di tutte le dita di una persona. Ma a parte i termini “esotici”  per noi moderni occidentali computerizzati, possiamo trovare reminiscenze della numerazione con base 20, anche nelle lingue occidentali e senza fare ricerche specifiche: pensiamo solo al termine arcaico francese che ancora oggi, egregiamente, esprime il numero 80 : quatre-vingt .

Provando a riassumere il percorso dei sistemi numerici, vediamo una assoluta consequenzialità di percorso nel seguire l’evoluzione della società e la sua integrazione con altre società ed alle necessità commerciali che richiedono una quantificazione delle merci e dei sistemi di confronti comparati per stabilirne il valore. Crescendo la dimensione del nucleo umano aumenta la necessità di usare numerazioni più capienti e più simili con le altre, con quelle usate da altre popolazioni con cui si è entrati in relazione.

Ma come in qualsiasi contesto, non esiste nessuna attività umana che si muova senza dover coinvolgere tutto il complesso della stessa società, infatti i prestiti  linguistici del sistema numerico che si possono osservare tra le varie lingue che entrano in contatto hanno sempre portato variazioni  significative anche nel campo culturale e pratico. Sono un primo passo verso qualcosa di ibrido, di differente, di inclusivo.

Un esempio della contaminazione che si può trasmettere tra le lingue lo abbiamo visto nella proibizione di contare le stelle quando popoli di culture diverse, che parlano lingue e dialetti di origine  differenti (quechua e  cha’palaa), hanno trasmesso ai loro giovani lo stesso tabù.

Una storiella lontana nel tempo ma che esemplifica come il sistema numerico sia una piccola parte della conoscenza umana, ma pur sempre una rotella essenziale nell’ ingranaggio della storia, del cammino della vita e della evoluzione delle culture e delle lingue che hanno sempre avvicinato i popoli di ieri e di oggi, nel bene e nel male.



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Segue   .....
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Quando ....  
contavano con i khipu
















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