Il cassetto
Troppo spesso ultimamente prendo certi atteggiamenti che, da sempre, ho considerato tipici delle persone di una certa età. Forse credevo di essere capace di prendere le distanze da certi stereotipi, o più semplicemente, credevo di saper controllare il mio modo di fare e di essere.
Peccato, che abbia sempre voglia di prendermi troppo sul serio e che, anche nelle piccole riflessioni, pretenda di essere “differente” nel dire quel che penso. Il fatto è che certe cose che capitano in questo periodo, mi lasciano pensare che in fondo, qualche responsabilità in quello che sta succedendo dovrei assumerla anch'io: cominciamo dall'inizio.
Io non ho mai avuto una buona memoria,
anzi potrei dire che ho sempre avuto una pessima memoria, ricordo
ancora mia madre che, per riuscire a farmi imparare le tabelline, me
le cantava, o meglio, dava ai numeri un ritmo per farli diventare un
ritornello facile da ricordare. Poi però cominciarono a farmi
esercitare la memoria con le domandine di religione alle quali si
doveva rispondere con delle parole precise, con delle citazioni –
da recitare, come i versetti - i sure - del Corano che non ammettono interpretazioni
– e qui il gioco fu facile, perché ai preti dissi subito: “Ho
capito, posso rispondere a parole mie, però a memoria non me la ricordo”.
I due preti, quello di religione e un altro, si guardarono in faccia
e dissero chiaro: “Questo alla gara sulle domandine, non ce lo mandiamo.”
Più complicato cominciò ad essere con
le poesie, i grandi classici, che ai tempi della scuola dovevamo
imparare a memoria, io ci provai tante volte, insistevo e perdevo
pomeriggi a cercare di mettere in fila quelle bellissime,
indimenticabili parole, quei sentimenti che mi entravano dentro, che
per fortuna ci sono rimasti, ma che non riuscivo a esprimere con le
parole che avrei dovuto ricordare, anzi meglio sarebbe stato
recitare. Divenni uno che per esprimere un concetto ha sempre cercato
parole sue, spesso troppo difficili da trovare, così ... tante idee
sono rimaste nell'aria, perse, passate, troppo vecchie da raccontare
ormai, quando le parole giuste – finalmente – le trovavo.
E dovetti così cercarmi un metodo che
mi permettesse di convivere con un sistema che ha sempre avuto alla
sua base una “memoria” da cui partire per ogni ragionamento ed
ogni comportamento, sia nella vita di tutti i giorni che,
soprattutto, nel quotidiano lavorativo. Imparai che il ragionamento
ha un suo modo di essere ed una sua spontanea progressione, quindi
un concetto, un fatto, un qualsiasi argomento, da cui prende origine
il ragionamento, entra in contatto con altri concetti, con certi altri fatti e si trasforma man mano, fino ad assume una nuova identità che
però, continua a cambiare ogni volta che entra in contatto con altri concetti
astratti o altri fatti reali che influenzano e riorientano ancora, fino a portare al
punto di arrivo del ragionamento stesso: Ora, chi ha buona memoria
ha sempre potuto seguire il filo del ragionamento poggiandolo,
semplicemente, su dei cardini frutto della propria conoscenza, della
propria esperienza, della propria cultura.
Molto semplice quindi per chi riesce a
trovare sempre dove sta quel cassettino della mente in cui si trova
quel pezzetto di memoria da cui deve partire un ragionamento, meno
semplice per chi ha i cassetti in disordine. Infatti, anche se le
conoscenze acquisite con lo studio, non vanno mai (completamente)
perse, il lavoro da fare per ritrovarle è molto faticoso.
Bisognerebbe tenere in ordine anche la mente, infatti quando si cerca
un concetto che si sa di conoscere, ma non si trova, in genere non è
un vero vuoto mentale quello che si prova, ma un disagio che si può
paragonare solo alla ricerca disperata del calzino
scomparso. C'è, non ci sono dubbi, la sensazione è chiara: I
calzini erano indiscutibilmente due – ne sono sicuro - ma il
secondo calzino, come il concetto che sfugge, resta nascosto e serve
solo pazienza per ritrovarlo, per farlo tornare in mente.
Manca un pezzettino, un filo
leggerissimo che dovrebbe collegare il pensiero manifesto con il
lampo che ci illumina la mente e appare ai nostri occhi ma che non si
concretizza e non ci permette di fare quel riferimento, quella citazione che può far comprendere a tutti e facilmente, su cosa poggiamo la nostra riflessione o il nostro ragionamento che poi, siamo sicuri potrà filare via leggero e
scorrevole. Di questo mio difetto, ho dovuto farmi carico, ho dovuto
accettarne i limiti e, per evitare che potesse far danni seri, ho
dovuto cercare una mia strategia, rinunciando così a parlare a
braccio su molti argomenti su cui, esprimersi nell'impeto dell'istinto, sarebbe staro di sicuro effetto. Meglio prendermi qualche minuto ed esseri
sicuro di raggiungere l'obiettivo senza sbagliare strada, anzi
evitando anche di prendere qualche scorciatoia come suggerisce,
qualche volta, l'eccesso di fiducia nei propri mezzi che, però, può
“trarre in inganno”.
Alle risposte istintive ho sostituito
un lavoro di preparazione, ho cercato sul vocabolario, sulle
enciclopedie, sui libri di scuola, conferma ai concetti che servivano
a infiocchettare il ragionamento, poi – improvvisamente - tutto è
diventato più facile: Internet, ha messo a portata di mano
vocabolari, enciclopedie e libri, sempre aperti alla pagina giusta,
con un click-ovunque-in-qualsiasi-momento.
Però, c'è un problema, però.
Io fino a ieri le fonti delle
informazioni a cui volevo far riferimento me le andavo a cercare dove
sapevo che le avrei ritrovate, cercavo esattamente in una certa
pagina di un certo libro, dove ricordavo di aver letto qualcosa, anche se in quel momento non me la stavo ricordando, oppure sapevo dove avevo scritto una mia nota
(anche se non ricordavo esattamente le parole che cercavo o cosa
avessi scritto in quella nota) perché quella nozione letta ed
imparata - anche se dimenticata – per me era un cardine che aveva
una evidente importanza formale, oltre che sostanziale, sia che io
fossi d'accordo, sia che non lo fossi.
Oggi, ogni volta che chiunque faccia una
qualsiasi affermazione anche irrilevante, oppure abbia un dubbio, vediamo subito
qualcuno muovere velocemente i pollici su un qualsiasi telefonino e
assentire con la testa, oppure correggere le affermazioni appena fatte - di
impeto - forse anche con una certa approssimazione, da chi si fida
della propria cultura, delle proprie convinzioni, della memoria.
Quindi vogliamo dire che “la memoria,
in fondo in fondo, è una reliquia di un passato ormai superato” ? Vogliamo dire che non serve più? Che serve meno? Vogliamo dire che quelli come me - che non hanno mai avuto una buona memoria - si stanno prendendo una bella
rivincita?
Vogliamo dire che tutto quel tempo
perso sui libri potrebbe essere stato speso in modo più produttivo,
magari studiando anziché dei testi antichi (antiquati?) qualcosa di
più attuale, come l'uso di nuove tecnologie, come cercare evoluzioni
e applicazioni di internet per dare soluzione a tante piccole
necessità di tutti i giorni?
Certo che possiamo dirlo, basta
credere. Basta avere fede. Basta non mette in discussione quelli che
ci vengono indicati come “assunti” come dati assoluti, sicuri, di
cui ci si deve fidare. Dare, cioè, a certi dati il valore di "TABU' " e partire da li, per andare oltre.
Diciamo che anziché andarmi a cercare
le mie conferme – da usare come punto di partenza o solo per
rinfrescare la memoria - tra le mie note a margine di un testo
scritto da una di quelle menti di cui “io avevo deciso di potermi
fidare”, dopo aver compreso il significato e le ragioni delle parole che aveva scritto quel certo
autore, dopo aver deciso che quelle erano proprio le parole giuste a cui “io” volevo
riferirmi, decido che da oggi, non cerco più “quella certa pagina”
di quel certo libro, ma aspetto che Internet me la trovi.
Che internet mi dia la risposta che mi
faccia ricordare quel “pensiero o quel fatto” che in altri tempi
avrei ricordato solo dopo aver perso tutto il tempo necessario a sfogliare libri e
cercare note; quelle stesse che sono parte della mia conoscenza, dei
miei studi, del mio pensiero. Oggi, posso saltare un passaggio, posso
tranquillamente non ricordare ma CREDERE in quello che leggo.
Basta credere, basta non mettere in
discussione gli “assunti”: quello che “sta scritto”, in fondo
è molto simile a quello che io avrei ricordato, se io potessi fidarmi della mia memoria.
E così dando fiducia a quanto andiamo
a leggere, andiamo avanti più speditamente con il nostro
ragionamento e siamo sereni con la nostra coscienza, perché diciamo
cose giuste, elaborate su premesse che sono alla base del nostro modo
di pensare.
Accettando le premesse che ci suggerisce Internet (a cui abbiamo chiesto di ricordarcele) il ragionamento filerebbe via
tranquillo e la nostra vita potrebbe scorrere sicuramente in modo
molto più leggero, come la nostra mente che non avrebbe bisogno di affaticarsi troppo per trattenere tutta quella gran quantità di
parole, di concetti, di numeri, di fatti, di date che ci rendono la
testa tanto pesante e che, qualche grattacapo - a chi di memoria ne
ha sempre avuta poca - ci hanno sempre procurato.
Basta credere. Basta credere che le
parole che ci vengono dette siano utilizzate nel contesto di frasi e
concetti che rispondono, in perfetta buona fede alle nostre domande.
Basta credere che non siano state
svuotate del proprio significato reale, che non vengano usate come
tabù incontestabili – un Tabù non ammette replica - e che possano
essere i cardini (quelli che cerchiamo nella nostra memoria) che orientano e decidono la direzione che deve
seguire il ragionamento: “Il nostro ragionamento”.
Certo c'è qualche possibilità che il
risultato di un ragionamento elaborato sugli stessi cardini – messi a
disposizione di tutti e utilizzati da tutti - per formarsi una
idea, sia in linea o confermi le tesi che chiunque altro partendo dalle stesse premesse, gli stessi dati, può (o deve) raggiungere.
In fondo
In fondo la vita è tanto frenetica e c'è tanto poco tempo per fare qualsiasi cosa. C'è tanto poco tempo anche per godersi un raggio di sole, o per guardare con attenzione la bellezza, la natura, la sensualità, l'arte. Quanto è più facile fare una bella foto a tutto quello che vediamo e convincerci di essercene imbevuti a sufficienza e di aver catturato il suo sapore o la sensazione dell'attimo. Senza soffermarci - senza perder tempo - e correre subito a catturare altre sensazioni, che gusteremo dopo, con comodo.
In fondo la vita è tanto frenetica e c'è tanto poco tempo per fare qualsiasi cosa. C'è tanto poco tempo anche per godersi un raggio di sole, o per guardare con attenzione la bellezza, la natura, la sensualità, l'arte. Quanto è più facile fare una bella foto a tutto quello che vediamo e convincerci di essercene imbevuti a sufficienza e di aver catturato il suo sapore o la sensazione dell'attimo. Senza soffermarci - senza perder tempo - e correre subito a catturare altre sensazioni, che gusteremo dopo, con comodo.
E passare oltre, fare altre
cose e poi altre più cose. Poi chissà, forse un domani troveremo un
momento per riguardarci quel bel raggio di sole, o per ricordare
quella bellezza che avevamo intravisto un certo giorno …. ma
vedremo e potremo ricordarci solo di un riflesso rubato, di una
immagine, di una riproduzione , di una finzione di quel raggio di
sole o di quella bellezza che stiamo cercando: l'originale, la vera
bellezza, le sue sfumature, i suoi difetti, restano nascosti, non sono gli stessi di quel
momento in cui l'abbiamo vista con i nostri occhi – senza
guardarla e senza bearci della vera emozione propria di quel solo momento – perché
allora non ne abbiamo avuto il tempo.
Così abbiamo perso l'attimo giusto, quello in cui la vita ci aveva concesso di osservarla, di comprenderla, di
farcela entrare dentro e farla diventare parte della nostra
conoscenza, della nostra esperienza, della vita vissuta. Abbiamo bloccato il piacere del sentimento in un semplice scatto
fotografico, soddisfatti per averlo fatto diventare un TABU', sicuri che domani avremmo
potuto goderci, nel nostro intimo, le stesse sensazioni. Con la sicurezza di aver fermato il tempo dell'attimo rubato.
Siamo ormai abituati a guardare tutto
con superficialità, ad essere sicuri di poter aver una seconda opportunità, di poter contare su una memoria più forte e capace della nostra. Da accendere e spegnere a comando.
E questo modo di fare ci è entrato dentro e ci illudiamo di replicare l'attimo, di moltiplicare il tempo. Un tempo-che-non-abbiamo-perso e che ci fa sembrare di essere più ricchi, ci fa sembrare di poter possedere anche quello che non è ricchezza reale. Crediamo di aver a disposizione sempre e ovunque un momento del nostro spirito, della nostra vita, ci sembra che tutto sia possibile e rintracciabile in qualche posto dell'etere che noi saremo sempre capaci di ritrovare.
Ma torniamo per un momento alle nostre belle foto: E se andassero perse?
Beh, allora, potremmo sempre andare a cercare qualcosa di simile
che ci faccia ripensare al nostro bel raggio di sole o alla bellezza
di cui conserviamo un vago ricordo, ma non la sensazione di
benessere, di piacere, di amore o di rabbia. Su Internet troveremo
tante immagini che possono ricordarci le nostre, molto simili a quelle che
ricordiamo e che mostrano oggetti, persone, suoni, parole di qualcosa di simile, anche se preso in un momento diverso. Sono immagini però che hanno un sapore differente, che ci appaiono piatte, meno profonde, che non sanno esprimere la sensazione del nostro momento di contatto
con la nostra realtà che guardava lo stesso oggetto, o persone simili, o suoni, o odori, o parole che raccontano le stesse storie. Sono immagini di un giorno qualsiasi, non del giorno che abbiamo vissuto noi.
In fondo: sono queste le risposte che
troviamo in rete quando cerchiamo una data, un fatto, un pensiero: ci
appare una lista di siti dalla quale possiamo scegliere qual è la
miglior risposta alla nostra domanda. Tanti siti, più o meno
uguali, che dicono tutti più o meno le stesse cose e tra i quali
noi possiamo scegliere, in base ad una priorità di scelta che ci
offre la tendina con i titoli, oppure ispirati dalla simpatia delle prime parole scritte nel testo.
Più o meno: uno qualsiasi dei siti tra
cui possiamo scegliere dice le stesse cose, le dice con parole
simili, con una consecutio simile, citando gli eventi e citando gli
stessi concetti. Forse qualcuno o qualcosa verrà dimenticato da un
sito e ricordato da un altro, forse qualcuno metterà più enfasi o
meno enfasi su un momento del pensiero o del fatto, Forse qualche
sito darà, velatamente, una propria interpretazione – più o
meno, alla fine avremo una conferma che ci permetterà di andare
avanti nel nostro ragionamento, più o meno, in linea con il nostro
pensiero.
Ma vale la pena perdere tanto tempo per imparare a memoria tante cose ? Vale la pena di sforzare il cervello per farsi una propria cultura?
E' tanto comodo fidarsi di una banca dati sempre aggiornata, facilmente consultabile e più sicura della nostra "cultura personale". Lasciamolo ad altri l'onere di trascrivere le informazioni che ci serve ricordare, quelle che ci servono per poter ragionare con il nostro cervello, evitiamo di perdere tempo, anche perché - in questo modo - gli amici che la pensano come noi sono sempre di più.
(fine parte 1)
La Memoria ogni giorno più corta (parte 2)
(fine parte 1)
La Memoria ogni giorno più corta (parte 2)
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