C’avevo na giacchetta marone
bruciato
Co li bottoncini c’arivaveno fin’ar colletto
Era la moda e, pure si ce stavo sacrificato,
m’ero agghindato da impiegato provetto.
A vent’anni camminavo sur velluto
Cor cor’ e l’anima dell’eroe che se
vanta
de sapè perché er futuro nun
agguanta.
E me sentivo tanto compiaciuto
de spiegà c’avevo capito er busillo.
E me fidavo che, si er gioco era truccato,
bastava dije che s’era sgamato er cavillo
e er baro doveva rientrà ner seminato.
Semo corsi appresso a st’abbajio in
tanti
e se semo tutti affogati ar mare dei rimpianti.
Questo sonetto voleva essere solo un ritratto del momento in cui si entra nel mondo del lavoro e del piacere di sentirsi importanti e, per la prima volta, protagonisti nel gioco della vita. Volevo descrivere le prime sensazioni e la voglia di dare il meglio di sé, quando si ha ancora la certezza che buona preparazione, onestà intellettuale e qualche dote personale siano le basi per costruire o per ricostruire un futuro migliore.
L' esperienza e i ricordi del futuro, purtroppo, hanno rovinato la festa.
Nessun commento:
Posta un commento