ce cresceva un rametto de rosmarino
e la brezza friccicosa der mattino
mischiava l’odori, cor pane fresco.
S’apriveno le persiane der
terrazzino
e, co’ la luce, se svejava er
regazzino.
De là, er caffè già borbottava cor
latte
e da fòri entraveno voci e canzonette.
L’aradio sonava le musiche e cantanti,
signorine ciguettaveno sognanti
e i ragazzetti fischiàveno in
bicicletta.
Nell’aria girava ‘na specie de febbretta,
e più giravi, più t'entrava in testa er ritornello,
ch' arisona ancòra, inziem'ar ricordo più bello.8 Settembre 2016
Forse è un desiderio nascosto di rivivere l'atmosfera di un passato molto personale, forse la voglia di risentire ancora i suoni, le sensazioni e gli odori della gioventù o dell'infanzia, chissà. L'idea iniziale però era tutt'altro.
Volevo parlare del rapporto tra le persone e la musica che in pochi anni si è completamente stravolto.
Fino a poco tempo fa la gente cantava, cantava a voce alta e se non aveva una bella voce, fischiettava. La musica serviva a diffondere sensazioni, idee, ritmi e nuovi modi di pensare e di vedere le cose, era contagiosa e si diffondeva rapidamente, come un malattia, per contatto tra la gente.
Anche oggi la musica svolge lo stesso compito ma con metodi diversi, perché sono cambiate le persone. Oggi chi canta o canticchia ad alta voce viene additato come un "estraneo", come un alienato, e anche fischiettando si rischia qualcosa. I rumori del sottofondo, sono cambiati e, per comodità (?) la musica oggi si ascolta in cuffia, isolati dal resto della gente che, anche se vicina fisicamente, è "estranea" e vive in uno stesso mondo ma visto ed ascoltato da un'altra angolazione.
La musica oggi viene assunta non come un mezzo per avvicinare le persone e le idee, ma come un sistema per emarginarsi ed per allontanarsi dai problemi propri e degli altri.
Poi ci sono i concerti, per fortuna, e qui la musica non è cambiata.
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